Soltanto pochi mesi fa avrei dato una lettura molto diversa da quella che ho adesso della situazione attuale, in particolare avrei dato maggior credito agli interventisti (leggi "statalisti") e portato come buon esempio di soluzione di una grave crisi le politiche keynesiane degli anni '30 (altrimenti conosciute come New Deal): di conseguenza avrei visto con favore le politiche economiche "espansive" di queste ultime settimane.
Il mio punto di vista è radicalmente cambiato dopo l'incontro - grazie al libro di Munrey Rothbard "La grande depressione" - con la scuola economica detta "austriaca" (poichè i suoi maggiori esponenti erano emigranti austriaci negli USA), versione sottovalutata e poco conosciuta del liberalismo economico.
Ora, non sono qua a tenere una lezione di "austroliberismo" (così come c'era l'austromarxismo...), nè avrei le competenze necessarie per farlo, però posso comunicarvi in pillole quanto ho capito di questa scuola di pensiero.
Per farla estremamente semplice, gli austriaci dicono questo:
- nel mercato economico/finanziario "allo stato brado", ovvero senza interferenze esterne, esiste un tasso di interesse detto "naturale" dato dalle preferenze temporali degli individui (consumare di più oggi o domani? E per consumare domani quanto mi dovranno dare in quella data più di oggi?);
- le preferenze temporali degli individui-consumatori determinano in ogni momento la decisione degli imprenditori di come allocare gli investimenti: una maggiore propensione al consumo immediato scoraggerà gli imprenditori dal fare grossi investimenti per concentrarsi sull'offerta attuale; viceversa in caso di preferenza per il consumo differito;
- il sistema bancario, in primis le banche centrali, grazie alla possibilità di poter prestare molti più soldi di quanti non ne detengano a garanzia (in ogni corso di economia monetaria insegnano infatti che le banche si reggono in piedi grazie alla speranza che non tutti i correntisti vadano a farsi restituire il denaro nello stesso momento: in caso contrario il fallimento sarebbe inevitabile), "drogano" il mercato ed in particolare il livello naturale del tasso d'interesse. Offrendo infatti molto più denaro in prestito di ciò che sarebbe normale, contribuiscono ad abbassare artificiosamente il tasso d'interesse dal suo livello di equilibrio sancito dalle preferenze temporali;
- l'imprenditoria, tratta "in inganno" dai bassi tassi, cerca di approfittarne per effettuare investimenti a grande intensità di capitale e ritorni lontani nel futuro; tuttavia i bassi tassi bancari in realtà non corrispondono a mutate condizioni di preferenza dei consumatori;
- la conseguenza è che il sistema industriale, a causa della "distorsione" dei tassi d'interesse, effettuerà molti più investimenti del necessario fino a quando o la stessa politica di investimenti (e di costi) diverrà insostenibile per le imprese (poichè le preferenze dei consumatori in realtà non sono cambiate), o qualche fattore esterno non "ingrippi" il sistema bancario, facendo diminuire il credito di questo verso le imprese (credit crunch);
- il risultato finale è - o dovrebbe essere - fallimenti a catena delle imprese che più si erano esposte in investimenti a lungo termine più del dovuto, e conseguente recessione: non è un caso infatti che anche nei periodi di crisi più cupa le industrie più "vicine" al consumatore vadano comunque abbastanza bene, mentre siano quelle a più alta intensità di capitale a soffrire.
Pertanto, se la teoria austriaca è vera, le soluzioni proposte ora (come negli anni successivi al 1929) sono assolutamente inadeguate, poichè in qualche modo perpetuano - questa volta sotto l'ombrello statale e para-statale (delle banche centrali) - l'eccesso di offerta di credito e l'allontanamento del tasso d'interesse dal suo livello naturale: in un certo senso ogni € immesso per salvare il sistema in realtà è un € che contribuisce ad affossarlo e a perpetuare la crisi.
Secondo gli austriaci la cosa migliore da fare sarebbe permettere alla crisi di svilupparsi per intero, esattamente come una malattia, e di seguire il suo decorso fino alla guarigione.
Ora, non ho approfondito a sufficienza la materia - e probabilmente non lo farò mai abbastanza - per poter dire se quello che io chiamo austroliberismo sia una dottrina convincente; di sicuro questa crisi sarà un'ottimo test per verificare la "tenuta" delle leggi economiche attualmente più accreditate.
Inoltre, dal punto di vista più strettamente "terra-terra", non condivido il catastrofismo ed il pessimismo aleggiante: una crisi come questa, lungi dal segnare la fine del capitalismo, ne testimonia la vitalità e la capacità di scrollarsi (seppur a costo di crisi profonde) i germi di politiche sbagliate, e quindi di rinnovarsi. Per giovani come noi una situazione del genere, se ben sfruttata con un minimo d'ingenio, può rappresentare una grandissima opportunità imprenditoriale, perchè molte posizioni sicure e di rendita sono venute meno, aprendo immense praterie per chi abbia buone idee ed un po di coraggio.
In ogni caso, come diceva Gandalf il Grigio nel Signore degli Anelli, in riferimento a chi si lamenta di essere nato in tempi "grami":
Lord tojo[...]Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non
spetta a loro decidere; possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci
viene concesso.
1 commento:
La teoria dell'austroliberismo mi affascina molto,fin dalla sera in cui ne parlavamo sotto i portici davanti alla sede..te l'ho detto.Un giorno ti farò una proposta di lavoro. Alex .
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