Questo post avrei voluto avere il tempo di scriverlo il giorno esatto dell'anniversario, che sarebbe stato ieri: mi si perdoni, ma in questo periodo di studio intensissimo pre-esami a volte anche pochi minuti si fanno fatica a trovare...
Ci tengo molto a commemorare questa ricorrenza, quasi come se si trattasse di quella di un parente stretto, perché credo che ricordare la figura di Umberto Agnelli possa essere utile nella grande e spesso perdente battaglia che il merito, la bravura e la discrezione devono combattere ogni giorno contro il privilegio (dinastico), la raccomandazione e la strafottenza idiota. Tanto più in Italia!
Ma chi era Umberto Agnelli per dare alla sua figura un "compito" così gravoso (che sono sicuro nemmeno lui apprezzerebbe o desidererebbe)?
Il "Dottore" - come era soprannominato dalla stampa finanziaria - era il fratello minore del ben più (a torto) noto Giovanni Agnelli, alias Gianni, alias semplicemente l'Avvocato (sebbene non fosse che semplicemente laureato in Giurisprudenza: della serie che secondo certi "incensatori" anche la mia amica Erika, recentemente laureatasi, potrebbe essere avvocato in questo modo...).
La morte prematura del di loro padre, Edoardo (figlio del senatore Giovanni Agnelli, fondatore della FIAT), fece sì che Gianni diventasse de facto "il padre" di Umberto, rispetto al quale aveva ben 13 anni in più.
Questa sorta di "tutela" segnerà per sempre Umberto, che vivrà sempre nell'ombra del fratello, nonostante le sue potenzialità e capacità - a volte per stessa ammissione di Gianni - fossero spesso più grandi e brillanti.
Senza pretesa di esaustività diamo una veloce scorsa alle capacità ed alle intuizioni di questo fratello minore "solo per anagrafe".
Da Presidente della Juventus (dal 1959) fece raggiungere alla squadra grandissimi successi, rendendola un'azienda profittevole - caso più unico che raro in Italia e nel mondo, dove le squadre di calcio sono poco più che un giocattolo per adulti.
Nel 1963 Umberto assume la guida di quella che fino ad allora era stata semplicemente una tra le tante società della galassia IFI-FIAT, l'Istituto commerciale laniero italiano, da lui trasformato in holding di partecipazioni e ridenominato Istituto finanziario laniero italiano, o più semplicemento IFIL. E' da questa "scatola vuota" che Umberto dimostrerà di essere indubbiamente l'unico tra i fratelli Agnelli con reale spirito imprenditoriale.
Tramite l'IFIL Umberto Agnelli creerà il primo fondo di private equity ante litteram, comprando e vendendo imprese ad un ritmo vorticoso in pochi anni e realizzando sempre laute plusvalenze, tramite quotazioni in Borsa o cessioni di pacchetti azionari a terzi: tra le moltissime società finite nell'orbita-IFIL troviamo l'impresa motociclistica Piaggio (da Umberto poi affidata alle sicure mani dello sfortunato figlio Giovanni Alberto, Presidente in pectore del Gruppo FIAT e grande intelligenza, stroncata a trent'anni da un rarissimo tumore), la catena di grande distribuzione La Rinascente, la Toro Assicurazioni, la catena di viaggi Alpitour, i gruppi turistici I Viaggi del Ventaglio e Club Med, una quota significativa della francese Danone, moltissime industrie agro-alimentari italiane di pregio come Galbani, la grande banca italiana San Paolo di Torino, la società cementiera Unicem e poi moltissime altre imprese e società finanziarie in Europa ed USA.
Tutte queste partecipazioni rappresentarono sempre più il "polmone finanziario" del Gruppo FIAT, il quale, ogni qual volta andava in crisi, "bussava" alle porte dell'IFIL per chiedere iniezioni di capitali freschi, i quali arrivavano puntualmente dalle dismissioni di quote azionarie e dalle plusvalenze di volta in volta realizzate: su tutte le due operazioni più importanti per FIAT furono il riacquisto, da parte di IFIL, delle quote della casa automobilistica possedute dalla Lafico di Gheddafi (nel 1986) e la contribuzione agli aumenti di capitale dei primi anni 2000, quando FIAT sembrava sul punto di fallire.
Ma il ruolo di Umberto non si ridusse certo a quello di "prestatore/salvatore di ultima istanza", infatti ebbe per due volte ruoli operativi dentro la "casa-madre", dando in entrambi i momenti un contributo fondamentale per il futuro del Gruppo.
La prima volta accadde negli anni '70, quando Umberto divenne Amministratore delegato di FIAT e riorganizzò l'impresa, "divisionalizzandola" (ovvero separando le varie produzioni, come auto, camion, trattori, etc., in società distinte e con un proprio bilancio, il che aumentò la trasparenza interna) e chiamando a Torino l'ingegner Vittorio Ghidella, "padre" della Uno e della Tipo, modelli di grande successo per la FIAT. Fu costretto ad allontanarsi dall'incarico di AD per contrasti con Mediobanca - dominus della finanza italiana per 40 anni - e con il grande "protetto" di quest'ultima, il futuro AD e Presidente FIAT Cesare Romiti.
La seconda presenza operativa in FIAT di Umberto Agnelli è piuttosto recente e va dal 2003 al 2004, quando assunse la Presidenza del Gruppo, a seguito della morte del fratello Giovanni e del disastro in cui versava la casa automobilistica dopo 30 anni di "cura" romitiana. Di questo breve lasso di tempo basta ricordare una cosa, per far capire quanto anche in questo caso "il Dottore" vedesse lontano: l'attuale riveritissimo e bravissimo AD Sergio Marchionne fu cooptato nel CdA FIAT proprio su desiderio di Umberto, che imparò a conoscere il manager vedendolo all'opera in una delle società della "sua" IFIL.
La morte improvvisa nel 2004 ha impedito ad Umberto di godersi il meritato trionfo, consistito nel grande rilancio di FIAT da parte dell'uomo che aveva scelto, confermando anche nell'ultima scelta un modus vivendi che ha caratterizzato questo Agnelli " sobrio" per tutta la vita: lavorare (bene), ma senza clamore, sfiorando l'anonimato.
Possa questo breve articolo su un blog sconosciuto restituire un po' di meritata gloria "postuma" ad Umberto, geniale fratello minore obliato dal fscino "glamour" e fallimentare dell'Avvocato, capace di fare "vita sociale", ma non industria...
Lord tojo
Ci tengo molto a commemorare questa ricorrenza, quasi come se si trattasse di quella di un parente stretto, perché credo che ricordare la figura di Umberto Agnelli possa essere utile nella grande e spesso perdente battaglia che il merito, la bravura e la discrezione devono combattere ogni giorno contro il privilegio (dinastico), la raccomandazione e la strafottenza idiota. Tanto più in Italia!
Ma chi era Umberto Agnelli per dare alla sua figura un "compito" così gravoso (che sono sicuro nemmeno lui apprezzerebbe o desidererebbe)?
Il "Dottore" - come era soprannominato dalla stampa finanziaria - era il fratello minore del ben più (a torto) noto Giovanni Agnelli, alias Gianni, alias semplicemente l'Avvocato (sebbene non fosse che semplicemente laureato in Giurisprudenza: della serie che secondo certi "incensatori" anche la mia amica Erika, recentemente laureatasi, potrebbe essere avvocato in questo modo...).
La morte prematura del di loro padre, Edoardo (figlio del senatore Giovanni Agnelli, fondatore della FIAT), fece sì che Gianni diventasse de facto "il padre" di Umberto, rispetto al quale aveva ben 13 anni in più.
Questa sorta di "tutela" segnerà per sempre Umberto, che vivrà sempre nell'ombra del fratello, nonostante le sue potenzialità e capacità - a volte per stessa ammissione di Gianni - fossero spesso più grandi e brillanti.
Senza pretesa di esaustività diamo una veloce scorsa alle capacità ed alle intuizioni di questo fratello minore "solo per anagrafe".
Da Presidente della Juventus (dal 1959) fece raggiungere alla squadra grandissimi successi, rendendola un'azienda profittevole - caso più unico che raro in Italia e nel mondo, dove le squadre di calcio sono poco più che un giocattolo per adulti.
Nel 1963 Umberto assume la guida di quella che fino ad allora era stata semplicemente una tra le tante società della galassia IFI-FIAT, l'Istituto commerciale laniero italiano, da lui trasformato in holding di partecipazioni e ridenominato Istituto finanziario laniero italiano, o più semplicemento IFIL. E' da questa "scatola vuota" che Umberto dimostrerà di essere indubbiamente l'unico tra i fratelli Agnelli con reale spirito imprenditoriale.
Tramite l'IFIL Umberto Agnelli creerà il primo fondo di private equity ante litteram, comprando e vendendo imprese ad un ritmo vorticoso in pochi anni e realizzando sempre laute plusvalenze, tramite quotazioni in Borsa o cessioni di pacchetti azionari a terzi: tra le moltissime società finite nell'orbita-IFIL troviamo l'impresa motociclistica Piaggio (da Umberto poi affidata alle sicure mani dello sfortunato figlio Giovanni Alberto, Presidente in pectore del Gruppo FIAT e grande intelligenza, stroncata a trent'anni da un rarissimo tumore), la catena di grande distribuzione La Rinascente, la Toro Assicurazioni, la catena di viaggi Alpitour, i gruppi turistici I Viaggi del Ventaglio e Club Med, una quota significativa della francese Danone, moltissime industrie agro-alimentari italiane di pregio come Galbani, la grande banca italiana San Paolo di Torino, la società cementiera Unicem e poi moltissime altre imprese e società finanziarie in Europa ed USA.
Tutte queste partecipazioni rappresentarono sempre più il "polmone finanziario" del Gruppo FIAT, il quale, ogni qual volta andava in crisi, "bussava" alle porte dell'IFIL per chiedere iniezioni di capitali freschi, i quali arrivavano puntualmente dalle dismissioni di quote azionarie e dalle plusvalenze di volta in volta realizzate: su tutte le due operazioni più importanti per FIAT furono il riacquisto, da parte di IFIL, delle quote della casa automobilistica possedute dalla Lafico di Gheddafi (nel 1986) e la contribuzione agli aumenti di capitale dei primi anni 2000, quando FIAT sembrava sul punto di fallire.
Ma il ruolo di Umberto non si ridusse certo a quello di "prestatore/salvatore di ultima istanza", infatti ebbe per due volte ruoli operativi dentro la "casa-madre", dando in entrambi i momenti un contributo fondamentale per il futuro del Gruppo.
La prima volta accadde negli anni '70, quando Umberto divenne Amministratore delegato di FIAT e riorganizzò l'impresa, "divisionalizzandola" (ovvero separando le varie produzioni, come auto, camion, trattori, etc., in società distinte e con un proprio bilancio, il che aumentò la trasparenza interna) e chiamando a Torino l'ingegner Vittorio Ghidella, "padre" della Uno e della Tipo, modelli di grande successo per la FIAT. Fu costretto ad allontanarsi dall'incarico di AD per contrasti con Mediobanca - dominus della finanza italiana per 40 anni - e con il grande "protetto" di quest'ultima, il futuro AD e Presidente FIAT Cesare Romiti.
La seconda presenza operativa in FIAT di Umberto Agnelli è piuttosto recente e va dal 2003 al 2004, quando assunse la Presidenza del Gruppo, a seguito della morte del fratello Giovanni e del disastro in cui versava la casa automobilistica dopo 30 anni di "cura" romitiana. Di questo breve lasso di tempo basta ricordare una cosa, per far capire quanto anche in questo caso "il Dottore" vedesse lontano: l'attuale riveritissimo e bravissimo AD Sergio Marchionne fu cooptato nel CdA FIAT proprio su desiderio di Umberto, che imparò a conoscere il manager vedendolo all'opera in una delle società della "sua" IFIL.
La morte improvvisa nel 2004 ha impedito ad Umberto di godersi il meritato trionfo, consistito nel grande rilancio di FIAT da parte dell'uomo che aveva scelto, confermando anche nell'ultima scelta un modus vivendi che ha caratterizzato questo Agnelli " sobrio" per tutta la vita: lavorare (bene), ma senza clamore, sfiorando l'anonimato.
Possa questo breve articolo su un blog sconosciuto restituire un po' di meritata gloria "postuma" ad Umberto, geniale fratello minore obliato dal fscino "glamour" e fallimentare dell'Avvocato, capace di fare "vita sociale", ma non industria...
Lord tojo